09.05.2025

Rerum Novarum: Un'Alternativa al Populismo Moderno
Il progressismo globalista delle élite di Davos, delle università woke e dei media pro-fluidità tradisce lo spirito della Rerum Novarum.
.La dottrina sociale della Chiesa, con la sua enfasi sulla dignità del lavoro e sulla sussidiarietà, viene calpestata da un'agenda che privilegia il capitale finanziario e l'individualismo radicale.
Si promuove un'ideologia che smantella le identità naturali e le comunità organiche, lasciando l'individuo atomizzato e vulnerabile alla manipolazione del mercato e del potere globalista.
Oggi, la sinistra è la voce delle élite.
È il megafono dei colossi digitali che censurano il dissenso in nome della "sicurezza".
È la portabandiera di un pensiero unico che considera pericoloso tutto ciò che è radicato: Dio, patria, famiglia, tradizione.
È la promotrice di un'Europa senza confini, ma anche senza anima, dove i burocrati di Bruxelles decidono il destino di popoli che non hanno mai conosciuto.
La Rerum Novarum, invece, esortava a un ordine sociale fondato sulla giustizia e sulla carità, con un ruolo centrale per la famiglia, il lavoro e le associazioni intermedie.
Strumento essenziale per ricostruire la coesione sociale e la collaborazione tra le classi sono le associazioni o corporazioni operaie, nuovamente tutelate dallo Stato, ordinate e governate.
Oggi, queste realtà vengono erose da una cultura che celebra il transumanesimo, la decostruzione della morale tradizionale e l'omologazione culturale in nome di un progresso senza anima.
L'uomo, ridotto a mero consumatore o ingranaggio di un sistema globalizzato, perde la sua trascendenza e la sua vocazione al bene comune.
La sinistra globale ha tradito le classi popolari.
Ha svilito la famiglia a mero contratto, sacrificato i lavoratori sull'altare del precariato digitale e multinazionale, e sbeffeggiato l'identità nazionale in nome di un cosmopolitismo elitario.
Abbandonata l'uguaglianza per l'intersezionalità, ha frammentato l'identità in rivendicazioni sterili che generano solo caos e risentimento.
E ora si pavoneggia, forte delle sue certezze ideologiche, ignorando il malcontento serpeggiante nelle periferie dimenticate, tra i disoccupati cronici e i piccoli imprenditori strangolati dalle tasse.
Parla di inclusione mentre esclude chi non si adegua al suo vocabolario politicamente corretto, demonizzando chi osa dissentire come retrogrado o fascista.
Ha creato un'inversione di valori dove il merito è soppiantato dal vittimismo, la responsabilità individuale dall'assistenzialismo, e il patriottismo dal senso di colpa collettivo.
La sinistra globale è diventata l'avanguardia di un nuovo ordine sociale che premia l'omologazione e punisce l'originalità, che celebra la fluidità e disprezza la concretezza, che esalta il multiculturalismo e nega le radici.
Un progetto ideologico fallimentare che ha generato solo disuguaglianze, disillusione e un profondo senso di spaesamento.
E allora, chi difende oggi il popolo reale?
Chi dà voce al disoccupato, alla madre sola in difficoltà, al giovane precario che aspira a un futuro stabile?
Chi dà voce all'anziano dimenticato, alla persona con disabilità che lotta per l'inclusione, all'immigrato che cerca una nuova vita? Chi si fa carico delle loro storie, delle loro frustrazioni, delle loro speranze disilluse?
Troppo spesso, sono figure marginalizzate, invisibili agli occhi del potere, soffocate dal rumore di chi ha già un microfono in mano.
La politica promette, certo, ma le promesse si sgonfiano come palloncini bucati davanti alla cruda realtà quotidiana.
I media inseguono lo scoop sensazionale, dimenticando la narrazione lenta e paziente delle difficoltà reali. Allora, chi li ascolta veramente?
Chi traduce il loro silenzio assordante in un grido di cambiamento?
Forse, solo chi ha provato sulla propria pelle la stessa amarezza, la stessa solitudine, la stessa disperata ricerca di un futuro migliore.
L'enciclica di Leone XIII del 1891 rimane attuale non per adesione alle mode odierne, ma per il loro rifiuto in favore di una visione eterna e non negoziabile dell'uomo e della società.
Pur affrontando la giustizia sociale, lo fa basandosi su principi abbandonati o derisi dal progressismo contemporaneo: famiglia naturale, lavoro come vocazione e dignità, proprietà privata come diritto e responsabilità, e comunità come tessuto connettivo vitale.
Questi non sono visti come reliquie di un passato da superare, ma come pilastri di un ordine sociale giusto e sostenibile, capaci di offrire un'alternativa concreta al modello individualista e materialista dominante.
Un modello, quest'ultimo, che a suo dire ha prodotto disuguaglianze abissali e una profonda crisi di senso.
Si tratta di un approccio che potremmo definire "conservatore sociale", ma che si distingue nettamente dalle posizioni reazionarie o nostalgiche, in quanto non guarda al passato con rimpianto, ma cerca di recuperare i suoi elementi più validi per costruire un futuro migliore.
Un futuro in cui la giustizia sociale non sia solo una questione di redistribuzione della ricchezza, ma anche di ricostruzione di un tessuto sociale solido e di una cultura condivisa.
La risposta, seppur scomoda per i faziosi, è chiara: Giorgia Meloni in Italia, Donald Trump e J.D. Vance in America.
Loro, con le loro politiche, hanno intercettato un malcontento reale, una frustrazione che serpeggia tra chi si sente dimenticato, ignorato dalle élite globaliste.
La sinistra, arroccata in posizioni ideologiche anacronistiche e distante dai problemi concreti della gente comune, ha perso il contatto con la realtà, lasciando campo libero a questi leader populisti che, piaccia o meno, hanno dimostrato di saper parlare alla pancia del paese.
Certo, le loro soluzioni sono a volte semplicistiche e rischiano di esacerbare ulteriormente le divisioni, ma ignorare le ragioni del loro successo sarebbe un errore fatale.
La sfida, per chi si oppone a questa deriva populista, è quella di elaborare una proposta alternativa credibile, che sappia rispondere alle paure e alle insicurezze del presente senza cedere alla retorica tossica e polarizzante di questi nuovi "salvatori della patria".